Lady Be artista e mamma celiaca
Ha scelto il lavoro dei suoi sogni che l'ha portata in giro per il mondo senza farsi limitare dalla diagnosi di celiachia

Oggi raccontiamo la storia di Letizia Lanzarotti, in arte Lady Be, artista affermata e mamma celiaca che realizza opere interamente in plastica riciclata portando un messaggio di sostenibilità per l’ambiente.
La sua storia
E’ stata diagnosticata celiaca circa 13 anni fa ma questo per lei non ha comportato un limite, ha girato il mondo trovando il modo di adattarsi ai vari ambienti e alle città nonostante la necessità di seguire una dieta priva di glutine. Lei stessa infatti afferma “Chi nella vita si sente emarginato (per qualsiasi motivo) può pensare di trovare una nuova opportunità, una nuova vita nella quale si acquisisce tutto un altro valore e significato. Avrei scelto il lavoro dei miei sogni, senza farmi limitare da una diagnosi.” E così ha fatto, trasformando la celiachia da limite ad opportunità.
Le opere di Lady Be sono attualmente esposte al terminal 1 dell’aeroporto di Milano Malpensa.
Vanta grandi collaborazioni tra cui: Disney, Legambiente e Bottega Veneta. Ha partecipato in prima serata al primo programma green della storia su RAI 1, realizzando un’opera negli studi Rai durante la puntata e presentandola sul palco. Oltre ad essere artista nella vita è anche mamma. Di seguito possiamo vedere delle sue opere di cui, alcune, esposte ad Amsterdam.




Ha iniziato la sua carriera molto presto, a 19 anni, e la sua è una storia di una giovane donna partita dal nulla, dalle risaie della Lomellina (dove tra l’altro il riso e la zucca, naturalmente gluten free, sono diventati parte della mia storia da celiaca) al successo di donna e mamma.
Scopriamo di più su di lei
Le abbiamo rivolto qualche domanda per farci spiegare meglio il suo rapporto con la celiachia, come ha convissuto con la malattia in particolare in giro per il mondo dove ha dovuto trovare alternative sicure e prive di glutine in contesti molto differenti tra di loro.
Grazie al tuo lavoro hai viaggiato molto, come sei riuscita a gestire la celiachia all’estero? L’hai mai vissuta come un limite?
“Non ho assolutamente mai vissuto la celiaca come un limite. È curioso che sia stata diagnosticata al termine dei miei studi, poco prima di laurearmi, agli esordi della mia carriera come artista, quando si affacciavano le primissime opportunità di viaggi per esporre le mie opere all’estero. Ero ad un bivio: continuare a perseguire il mio sogno oppure abbandonare per cercare qualcosa di più “gestibile” magari un lavoro con orari più regolari e nel mio territorio. Ho pensato a uno dei principali temi della mia arte: la seconda chance. L’oggetto di scarto avrà una seconda vita, assumendo un valore nuovo e importante, ma questo concetto riguarda anche le persone. Chi nella vita si sente emarginato (per qualsiasi motivo) può pensare di trovare una nuova opportunità, una nuova vita nella quale si acquisisce tutto un altro valore e significato. Avrei scelto il lavoro dei miei sogni, senza farmi limitare da una diagnosi.
Poco dopo la diagnosi sapevo che avrei dovuto affrontare viaggi e situazioni dove non mi sarei sentita a mio agio, ma niente è stato così grave da fermarmi. Oggi quando organizzo un vernissage con un buffet dedicato agli ospiti, non faccio mai mancare un corner dedicato alle intolleranze alimentari, e anche all’estero cerco sempre si gustare le pietanze e i prodotti locali in totale sicurezza, informandomi bene prima di partire e individuando i locali giusti per me.”
Sempre in relazione ai viaggi quali sono i paesi all’estero dove ti sei trovata meglio e quali invece quelli in cui hai riscontrato maggiori difficoltà?
Mi sono trovata molto bene a Londra, infatti ci tornerò anche nel 2026. Subito il primo giorno ho potuto assaporare un Fish and Chips, anche in versione gourmet, completamente gluten free. La mattina, a spasso per il quartiere Hackney, degustavo caffè, lungo ma molto aromatico, con ottimi dolcini artigianali naturalmente senza glutine, a volte anche vegani. Non mancano nemmeno i locali per assaggiare il tè all’inglese (contornato quindi di dolci e salati, come gli scones) in versione senza glutine, e anche nei supermercati c’è molta varietà di prodotti a spiga sbarrata, tra cui anche i miei biscotti preferiti trovati anche a Edimburgo: gli shortbread.
Mi sono sempre trovata male in Francia, sia a Parigi sia in Costa Azzurra, che ho frequentato per diversi anni, per fortuna anche prima della diagnosi. Panettieri e ristoratori sembrano ignari del problema, e le persone sembrano accontentarsi di seguire una dieta senza glutine molto restrittiva o comunque senza preoccuparsi troppo della contaminazione.
Anche a Dubai, purtroppo, devo constatare che non c’è una preparazione adeguata né tanto meno strutture capaci di fornire prodotti sicuri senza glutine. A New York i locali ci sono ma bisogna sceglierli con cura: c’è molta contaminazione. La Grecia, così come Croazia e Montenegro, sono molto simili all’Italia in materia di gluten free, Malta direi ancora meglio.
Nì Olanda, Austria, Germania, Belgio… Bisognerebbe vivere lì per un lungo per avere una situazione più chiara, che varia comunque anche a seconda delle città.”
Dal momento che la celiachia è stata diagnosticata ormai 13 anni fa come si è evoluto secondo te il mondo legato al senza glutine in questi anni?
“La prima cosa che mi sento di dire è che è sicuramente evoluta la facilità della diagnosi, cosa per me purtroppo fatta un po’ tardivamente; se ci fossero state le consapevolezze e l’informazione di oggi, soprattutto tra i medici di base, sarei stata diagnosticata molto prima.
Indubbiamente è diventato più facile reperire prodotti senza glutine, sia freschi (essendoci tante pasticcerie, bar, catering che trattano anche il senza glutine) sia confezionati. Sui prodotti industriali è molto più facile individuare quelli senza glutine, o la spiga sbarrata o la scritta, e anche le aziende più grandi si sono adattate offrendo una più ampia scelta o una dicitura più chiara.
Le persone sono più informate, ad esempio, conoscono anche i rischi legati alla contaminazione, e anche chi magari non ha nessuno in famiglia, è comunque informato sul problema. Anche nei ristoranti c’è più preparazione e, inoltre, soprattutto i giovani sono molto preparati. A mio parere il merito è soprattutto delle scuole alberghiere che ormai da una giusta formazione in merito.”
Ci sono state delle circostanze in cui la celiachia per te anziché rappresentare un limite ha rappresentato un punto di forza?
Secondo me la celiaca di per sé stessa è un punto di forza. È una patologia ormai spesso facilmente diagnosticabile, che in linea di massima non lascia danni indelebili, si cura senza farmaci ma con l’alimentazione, non rende più vulnerabili, ma anzi, togliamo il glutine, elemento che la maggior parte delle persone consuma con troppa assiduità, impariamo a mangiare consapevolmente e a leggere le etichette, e questo senza dubbio ci fa diventare persone più informate sulla nutrizione e quindi spesso ci troviamo anche a fare scelte alimentari più sane e consapevoli. Insomma diventiamo persone sane, ma più attente alla salute e alla forma fisica.”
La storia di Lady Be ci lascia un messaggio di coraggio e perseveranza, a volte non è semplice gestire la malattia fuori casa, ma questo non dovrebbe limitarci nel coltivare le nostre passioni e ambizioni.